“Cambiare per sopravvivere è quanto fa lentissimamente ogni specie adattandosi alle condizioni esterne. Cambiare adattandosi è anche una capacità dei singoli individui delle specie più evolute, primi fra tutti gli esseri umani: hanno un cervello complesso che permette loro di comportarsi in molti modi diversi, modificando la loro interazione con l’ambiente in maniera  non casuale e finalizzata.” Annamaria Testa

La diffusione del Covid-19, più comunemente denominato Coronavirus, si è realizzata nella nostra società come un evento improvviso, inatteso, in grado di generare tre tipi di minaccia:  il timore di contrarre la malattia, che riguarda la propria condizione e  quella dei familiari, la sofferenza determinata dalla restrizione della libertà e la preoccupazione per le implicazioni sul piano lavorativo che caratterizza alcune categorie. Rabbia, impotenza, paura, irritabilità, tristezza, apatia possono accompagnare il nostro stato d’animo. D’altra parte questa stessa condizione può generare sentimenti di fiducia, speranza, solidarietà, comunanza, assertività, condivisione, ricerca di nuove risorse personali, desiderio di padroneggiare al meglio gli eventi. La restrizione della libertà, soprattutto per lunghi periodi rappresenta un problema per la maggior parte delle persone, in particolar modo per chi ha perso, anche se temporaneamente, ruoli importanti, lavorativi o affettivi. L’ansia accomuna quasi tutti. Qualcuno sentirà di non riuscire a far fronte agli eventi, altri potrebbero sentirsi piacevolmente sorpresi riconoscendosi risorse già conosciute o inattese insieme alla capacità di affrontare la giornata lavorativa, di gioco o di studio, con uno stato d’animo sufficientemente buono. Nel corso delle settimane ci siamo trovati a modificare gradualmente abitudini e stili di vita. Ciò ha comportato un processo di parziale ridefinizione di sé: se andare incontro alla diffusione del virus  costituisce una strada piena di curve, le persone sono impegnate nel costruire un utile corrimano per percorrerla. Il timore di essere contaminati  affligge le persone sulla base di condizioni o di caratteristiche personali: età, patologie pregresse, situazione abitativa, tratti di personalità, condizione lavorativa, livello di sicurezza percepita all’interno del contesto lavorativo. Considerato che le pratiche volte ad evitare il contagio possono costituire fattori di stress è bene impiegare il tempo al di fuori di queste nel modo migliore possibile. Ciascuno capirà quali dimensioni sono più utili per lui: la collaborazione, l’ironia, la comprensione, l’informazione, l’empatia, la condivisione, l’apprendimento, la curiosità e molte altre. E’ importante capire cosa è più appropriato per la propria esperienza, anche all’interno di un contesto relazionale che continua ad essere vivo per merito della tecnologia, e che dovrebbe essere volto ad attività e relazioni che ci diano il senso di proteggere e rilanciare possibilità. La restrizione della libertà personale può comportare sentimenti di solitudine, conflitti interpersonali, e intrapersonali. La tecnologia si rivela oggi molto utile al fine di permettere il mantenimento e l’arricchimento delle relazioni: può essere l’occasione per alcune persone anziane di imparare a fare una video chiamata, l’occasione per contattare un amico che non sentiamo da molto tempo. La convivenza obbligata con i familiari può mettere in difficoltà e causare conflitti interpersonali. Cosa ci sta accadendo? Cosa sta accadendo all’altra persona? Come vivono questa esperienza i figli? L’altro è in difficoltà per ragioni che a volte ci appaiono di non facile comprensione. Ricavarsi in alcuni momenti,  spazi di solitudine in casa potrebbe essere un modo per svolgere delle attività e per capire meglio noi stessi e gli altri. Talvolta anche i conflitti intrapersonali affaticano la nostra giornata. Esco per la camminata o rimango in casa? Fra piacere e dovere, il principio generale potrebbe rimanere quello di cercare di nutrire le nostre capacità, creative, elaborative, con un piede nel presente e un passo verso un futuro che si auspica essere il migliore possibile. Dal punto di vista lavorativo potremmo utilizzare questo momento per guardare le cose da lontano.

 

“Se la vita è un grande mosaico che ciascuno di noi costruisce su una parete, ogni giorno aggiungendo una tessera, questo è il tempo in cui ti allontani, predi una distanza, guardi le dimensioni delle cose. I mosaicisti di Ravenna lavoravano così: ogni tanto si allontanavano per capire cosa andava bene e cosa no; magari si rendevano conto che le proporzioni erano sbagliate e dovevano lavorare diversamente. Lo fa anche il contadino che osserva i campi che ha lavorato”.  Renzo Piano

In un mondo che sembra più povero di storie – più difficile acquistare libri, impossibile vedere un film al cinema o uno spettacolo teatrale, assistere ad una scena per strada o al bar – può essere utile andare alla ricerca di storie, narrazioni che riguardino non solo la diffusione del virus, ma che siano favorevoli al nostro benessere in questo preciso momento. Alternare la fiducia e la speranza a momenti di fragilità, se la si riconosce come una strada facilmente percorribile, non richiede il ricorso ad uno psicoterapeuta. Se invece il malessere psicologico fosse percepito come eccessivo e di difficile risoluzione (medici, infermieri, forze dell’ordine, ma anche il comune cittadino) può essere opportuno rivolgersi ad un professionista. In una società volta alla valorizzazione della forza, mi preme sottolineare, non tanto perché si è troppo deboli, ma con l’obiettivo di sfruttare questo momento per arginare le difficoltà e per aprire la strada a nuove possibilità.  

Dott.ssa DEBORA FERRANTINI