Le coppie affrontano la nascita di un figlio con un bagaglio di fantasie, sentimenti, affetti e vissuti di cui spesso sono solo parzialmente consapevoli.
L’arrivo del bambino ha il potere di trasformare l’intero sistema familiare verso la costruzione di nuove relazioni. L’elevata dipendenza da parte del bambino nei confronti della madre nel primo periodo fa sì che si instauri un legame di attaccamento che dovrebbe essere percepito come “sicuro”. L’alternativa preferibile è che i sentimenti della madre nei confronti del figlio siano caratterizzati da empatia, capacità di comprensione e contenimento oltre che dalla possibilità di ascoltare i propri sentimenti negativi, la propria eventuale ambivalenza e di elaborarla. I nuovi genitori cominciano ad osservarsi anche come tali, a vedere il proprio compagno impegnato in un nuovo ruolo. Il ruolo del padre si è andato profondamente modificando negli ultimi decenni e vede il suo coinvolgimento attivo sin dai primi mesi di vita, sia nella relazione con il bambino che come figura di supporto al ruolo materno. Campanello d’allarme nei primi mesi di vita, sono il senso di inadeguatezza della madre, un carico eccessivo di ansia oltre che una percezione di vuoto, di mancanza eccessiva vissuta dal padre che potrebbe sentirsi privato di attenzioni che prima riceveva dalla compagna. Il malessere del bambino si manifesta principalmente in questa fase attraverso un pianto eccessivo, difficoltà ad alimentarsi, disturbi del sonno e disturbi emotivi. In questi casi, i genitori possono richiedere una consulenza specialistica, individualmente o in coppia, al fine di trovare insieme allo psicoterapeuta una strategia volta a identificare delle soluzioni stabili e durature che garantiscano un maggior grado di benessere all’intero sistema famiglia. Raramente lo specialista fornirà consigli sui metodi da adottare ma all’interno di una relazione di ascolto e accettazione, con il singolo o con la coppia genitoriale, si individueranno quelle strade che permettano di costruire relazioni caratterizzate dall’empatia, dalla comprensione, dall’affidabilità e dalla fiducia. Il bambino e gli stessi genitori possono andare incontro a delle difficoltà anche nelle fasi successive della crescita. I genitori riportano preoccupazioni relative agli studi del figlio, al rapporto con i pari, con i fratelli, con gli insegnanti, rispetto alle capacità esplorative al di fuori del contesto familiare, ma anche rispetto al suo umore e ai suoi comportamenti. Raccontano di comportamenti aggressivi o apatici, imprevedibili e incomprensibili. In queste circostanze il genitore ha la possibilità di scegliere un percorso psicoterapeutico per il figlio, presso uno specialista dell’infanzia ma necessita spesso anche di colloqui di consulenza rispetto al ruolo di genitore. Talvolta i genitori riferiscono di relazioni con i figli che percepiscono come “faticose”, “stancanti”, “inadeguate” e “insoddisfacenti”. Difficile comprendere profondamente la natura della relazione e le cause delle loro emozioni e dei loro sentimenti. Un intervento psicoterapeutico ha la possibilità di favorire una maggiore comprensione e di individuare alternative che permettano di uscire dall’impasse. I processi di cambiamento cui i genitori possono andare incontro sono di natura diversa ma coinvolgono quasi sempre un impegno creativo che gli permette di vivere la relazione all’interno di un’ottica diversa dalla precedente. Le stesse possibilità di cambiamento riguardano i genitori di figli adolescenti che si trovano a fronteggiare una fase della vita caratterizzata da ampie possibilità di evoluzione e trasformazione. I cambiamenti relativi alla propria immagine corporea cui va incontro l’adolescente, oltre che la necessità di relazioni di appartenenza nel mondo dei pari, il desiderio di progressiva autonomia e il coinvolgimento in relazioni con persone dell’altro sesso mettono talvolta i genitori nella condizione di dire “non lo riconosco più”. La consulenza con lo psicoterapeuta favorisce una comprensione migliore degli stati d’animo e dei processi che caratterizzano la vita mentale e affettiva del figlio, la possibilità di calarsi dentro un rapporto fondato sull’empatia, oltre che la possibilità di favorire nel giovane quello che secondo Freud dovrebbe essere il risultato dell’educazione: la possibilità di amare e di essere amati e di impegnarsi attivamente nella vita lavorativa.
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Dott.ssa DEBORA FERRANTINI