E’ più importante sapere che tipo di persona ha una malattia piuttosto che sapere che tipo di malattia ha una persona.
IPPOCRATE

Si stima che una buona percentuale dei pazienti che si rivolgono alla medicina di base soffra di disturbi ai quali non è attribuibile una causa medica. Si può ipotizzare che i disturbi psicosomatici siano causati da un’integrazione di variabili biologiche e psicologiche. Percepiamo l’interazione che si verifica fra processi mentali e processi fisici anche in situazioni di vita quotidiana:  se abbiamo paura, il cuore batte più forte; è possibile che una persona provi uno stato di ansia e le tremino le mani; se siamo arrabbiati o proviamo dolore, scendono le lacrime. Mente e corpo, dunque, interagiscono. E’ necessario operare una distinzione fra la nozione di “malattia” e quella di “disturbo funzionale” o “psicosomatico”. Il concetto di malattia implica un’anomalia fisiologica e un’anomalia anatomica strutturale. Disturbo non è sinonimo di malattia, è invece la risposta umana alla malattia. Fa riferimento all’esperienza soggettiva di ciò che la persona sente, pur non implicando necessariamente la presenza di una patologia. Si parla di disturbo funzionale quando non è presente una lesione d’organo e la patologia non ha una causa nota (virus, deficit genetico, batterio ecc). Come già anticipato, anche se i meccanismi che governano il corpo sono diversi dai meccanismi che governano la mente è possibile affermare che il mondo fisico e quello psicologico interagiscano attraverso alcune funzioni. Possiamo ipotizzare il verificarsi di un disturbo psicosomatico quando si verificano le seguenti tre condizioni:

  1. Presenza di sintomi somatici
  2. Indagini medico-strumentali effettuate per tali sintomi
  3. Assenza di anormalità rispetto ai risultati delle indagini effettuate

E’ anche vero che un sintomo clinicamente inspiegabile non è necessariamente psicosomatico. Molti di questi pazienti sono affetti da patologie transitorie che non sono diagnosticabili attraverso indagini comuni. Molte infezioni virali ad esempio non emergono dagli esami di routine. Quindi, nel caso in cui gli accertamenti medici non confermino una patologia di natura organica, possiamo solo ipotizzare un disturbo psicosomatico e costruire una possibilità di intervento.

Di seguito i disturbi funzionali più frequenti nell’ambito delle diverse aree di specializzazione (Porcelli, 2009)

Specialità medica Diagnosi
Cardiologia Dolore toracico atipico o non cardiaco
Odontoiatria Sindrome temporomandibolare.
Dolore facciale atipico
Otorinolaringoiatria Acufeni
Endocrinologia Sindrome ipoglicemica
Gastroenterologia Sindrome dell’intestino irritabile.
Dispepsia funzionale
Medicina interna Sindrome da fatica cronica
Neurologia Sindrome vertiginosa. Cefalea tensiva
Ginecologia Dolore pelvico.
Sindrome premestruale
Medicina del lavoro Ipersensibilità chimica multipla
Ortopedia Dolore lombare
Pneumologia Sindrome da iperventilazione
Riabilitazione Trauma cranico chiuso
(conseguenze del)
Reumatologia Fibromialgia

Lo psicoterapeuta che si trovi a dover effettuare un’ipotesi di disturbo psicosomatico, accerterà insieme al paziente che non vi siano cause mediche legate al disturbo e che il cliente abbia effettuato tutti gli accertamenti necessari. Nel caso in cui ci si trovi difronte ad una patologia di natura organica, ma il dolore ad essa associato sia eccessivo, si può concludere comunque nella direzione di ipotizzare un sintomo psicosomatico. I sintomi psicosomatici più diffusi nella medicina di base sono il dolore e la stanchezza cronica. Lo psicoterapeuta in questo caso cercherà di considerare il “peso” che la componente psicologica può avere sul disturbo. In una prima fase è importante ascoltare la narrazione del paziente rispetto ai sintomi, all’insorgenza, all’andamento e alla frequenza. Sarà di particolare rilevanza chiedere al cliente che tentativi ha effettuato per risolvere il problema, cosa accadeva nella sua vita quando il disturbo si è presentato la prima volta, che spiegazione si dà del disturbo. Considerato che lo sviluppo corporeo e lo sviluppo mentale sono interconnessi e che buona parte delle teorie attuali attribuiscono molta importanza ai legami di attaccamento si indagherà la natura delle relazioni del paziente. Dalla  mia esperienza clinica emerge di frequente che le dimensioni che caratterizzano le relazioni dei pazienti che vanno spesso incontro ad un disturbo psicosomatico sono “mi adeguo”, oppure “sopporto”, o “controllo”, talvolta “non valgo”, altrimenti “sono molto di aiuto”. Se è vero che le tematiche sopra citate sono spesso presenti, questo non vale per tutte le persone che incontriamo nella stanza della terapia. Per questo è importante rifarsi alla letteratura e ai costrutti di “alessitimia”(ridotta capacità di identificare e descrivere le emozioni), a quello di “attaccamento” – spesso i pazienti che soffrono di questi disturbi raccontano un attaccamento insicuro durante l’infanzia – ma più importante di tutto è valutare ogni persona, come un individuo a sé, con le sue caratteristiche, il cui disturbo potrebbe non avere nessuna relazione con i parametri che ho sopra citato. Quello che rimane valido per tutti clienti, è che il disturbo assume un significato nel mondo e nella vita del paziente, nel suo modo di vivere i rapporti interpersonali. L’identità di una persona corrisponde all’esperienza di sé in relazione agli altri e si realizza nella sua corporeità. Le funzioni vitali dunque, i processi di mantenimento in vita, sono profondamente correlati con la nostra identità, che esiste grazie al rapporto con gli altri. Ipotizzare un intervento terapeutico con un paziente che soffre di un disturbo psicosomatico, significa esplorare il suo modo di interpretare il mondo e le relazioni al fine di favorire, di trovare insieme a lui un cambiamento, che procuri maggior benessere da un punto di vista fisico e mentale. 

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Dott.ssa DEBORA FERRANTINI