Con il parto tre persone sconosciute si incontrano: la mamma, il babbo e il bambino. Nelle prime settimane successive all’evento la triade impara a conoscersi. Gli odori, il ritmo del cuore del babbo (quello della mamma il neonato lo conosceva già!), il sapore e la consistenza del latte, i diversi tipi di pianto, gli innumerevoli mugolii e milioni di altri dettagli con cui non si era mai venuti in contatto. Anche mamma e babbo si devono (ri)conoscere, in una nuova veste: quella di genitore. Sì, perché nessuno aveva mai visto prima di allora il partner interagire con il proprio figlio.

Con il ritorno a casa dopo il parto, la neomamma spesso sperimenta situazioni stressanti a livello fisico, emotivo e relazionale. Il senso di inadeguatezza accompagnato dai postumi del parto e da ore di sonno non di rado insufficienti, costituisce un forte stress per la donna che vede sconvolti tutti i suoi ritmi quotidiani. Ciò può avere un effetto negativo sulla sua salute fisica e psichica e sugli equilibri di coppia e familiari. A volte non si sente compresa né dal partner né dalle figure a lei vicine che la fanno sentire ingrata per la felicità che le è stata donata. Nella maggioranza dei casi, la fisiologica depressione dell’umore nei primi giorni dopo il parto si risolve spontaneamente ma a volte si può trasformare in qualcosa di più grave.

La qualità dell’umore della mamma nei primi mesi di vita del bambino condiziona fortemente la qualità dell’attaccamento. In molti casi si instaura un vero e proprio circolo vizioso in cui la madre non è in connessione col proprio bambino a causa del proprio umore depresso. Il bambino in tale condizione è impossibilitato a calmarsi, il senso di inadeguatezza della mamma cresce e così la sua irritabilità per non riuscire a tranquillizzare suo figlio il quale non si sente né accolto né accudito e il ciclo continua senza fine peggiorando sempre più la qualità della loro relazione.

È di primaria importanza pertanto monitorare la donna in gravidanza e nel post-partum insieme ai suoi fattori di rischio e far leva su quelli protettivi in famiglia per poter fare un’accurata e adeguata prevenzione.

Dott. GIORGIA GIOTTI, Psicologa